martedì 20 dicembre 2022

Tra colori pop e lattine famose: il nostro incontro con l’arte di Andy Warhol


Quando entri in una mostra come quella di Andy Warhol, ti accorgi subito che l’arte, a volte, fa rumore anche senza parlare. Colori accesi, volti ripetuti, lattine impilate come se fossero piccoli pezzi di quotidiano trasformati in qualcosa di speciale. Lì dentro tutto sembra familiare e nuovo allo stesso tempo.

 

Abbiamo camminato tra le pareti colorate, osservando quel mondo in cui un semplice barattolo o un volto famoso diventano arte solo perché qualcuno ha deciso di guardarli diversamente. Ogni quadro raccontava lo stesso soggetto, ma mai allo stesso modo. Un rosso acceso, un verde irreale, un blu che non c’è in natura. Era come giocare con l’identità delle cose.



A un certo punto Nicolas si è soffermato davanti a quei ritratti tutti uguali e tutti diversi, e ha iniziato a osservare in silenzio. Chissà cosa stava pensando. Forse che anche noi, come quei volti, cambiamo continuamente senza smettere di essere noi stessi.


Alla fine della visita, c’era il laboratorio. Fogli bianchi, uno spazio tutto suo e la possibilità di trasformare un volto in qualcos’altro. Con i pennarelli ha dato al suo ritratto capelli blu, pelle gialla, dettagli impossibili. Eppure, in quel disegno così “esagerato”, c’era qualcosa di profondamente vero: la libertà di esprimersi.


È questo che in fondo ho amato più di tutto: vedere la sua curiosità trasformarsi in creatività. Guardare un’opera… e poi provarci. Sentirsi parte di qualcosa.

Siamo tornati a casa con qualche foto, un autoritratto coloratissimo e una domandina che mi porto ancora dietro:
Forse l’arte non serve a capire. Forse serve a guardare le cose con occhi nuovi.

mercoledì 14 dicembre 2022

Un viaggio tra acquerelli, accenti inglesi e grandi artisti

 


Negli ultimi mesi, i nostri pomeriggi si sono spesso trasformati in piccole botteghe d’arte. È successo quasi per caso: abbiamo scoperto i laboratori di ArtEnthusiasts, un’artista inglese che guida i bambini passo dopo passo nella creazione di opere ispirate ai grandi maestri. 


Tutto in lingua inglese, con quella calma e quella chiarezza che rendono semplice anche ciò che, a prima vista, sembrerebbe complicato.

Lo schermo del computer diventava la nostra finestra su un atelier lontano, mentre il tavolo si riempiva di fogli spessi, bicchierini d’acqua colorata e pennelli in bilico ovunque. Ogni lezione era un invito a provare, sbagliare, ricominciare. A guardare oltre il segno storto, oltre la goccia caduta dove non doveva.


Abbiamo incontrato Salvador Dalí, provando a catturare il suo sguardo inquieto e i suoi colori improbabili.

 


Poi Picasso, con quelle linee che sembrano non avere un perché e invece ne hanno mille.




E ancora Wharol, per immortalare la Regina Elisabetta intensa anche quando appare in un verde acceso su un foglio rosa.


Vedere le mani lavorare, concentratissime, a volte impazienti, altre volte sorprendentemente sicure, è stato forse il regalo più bello. Perché l’arte, quando arriva così, in punta di piedi ma con decisione, diventa un tempo sospeso: niente perfezione, solo possibilità.

Alcuni lavori sono rimasti lì, nella cartellina che ormai scoppia. Altri sono stati appesi, con orgoglio, perché “questo mi è venuto proprio bene”. E anche se ogni quadro porta con sé le tracce del processo, sbavature, colori ripresi più volte, linee che deviano, racconta qualcosa di vero: la libertà di provare.

Non so per quanto continueremo questa serie di laboratori, ma so che ci hanno regalato un ritmo diverso. Una piccola routine creativa che ci ricorda che l’arte non è mai troppo grande per essere esplorata, nemmeno a casa, nemmeno con un computer come guida.

E forse è proprio questo il bello: imparare a guardare il mondo con occhi nuovi, un tratto alla volta.



venerdì 7 ottobre 2022

Magiche Erbe


Prima sono arrivate le mani: nella terra umida, tra semi piccoli come briciole e foglie dal profumo familiare. Poi sono arrivati gli occhi, e infine le domande.


 

Abbiamo iniziato all’aperto, con un piccolo vaso e un mucchietto di terra morbida da muovere, spostare, sentire tra le dita. Non è solo terra: è casa, nutrimento, attesa. Dentro ci abbiamo messo semi e piantine di erbe aromatiche… ma anche un po’ di meraviglia. E mentre le mani lavoravano, qualcuno si accorgeva che ogni foglia aveva una sua forma, un suo colore, un suo odore, una storia. Basilico, salvia, rosmarino, timo… ognuna con un carattere tutto suo, proprio come noi.


 

Poi abbiamo vissuto la parte più “magica”: la distillazione delle erbe. Dentro al laboratorio sembrava quasi di entrare in un posto segreto. Tubicini di vetro, gocce che scorrono lente, un vapore che si trasforma e diventa acqua aromatica. Il profumo era così intenso che sembrava di essere dentro la pianta stessa. Lì, davanti a quella piccola alchimia, ho visto la meraviglia negli occhi: “Quindi un’erba può trasformarsi in… questo?”


E sì. Può diventare olio essenziale. Può diventare acqua profumata. Può diventare sale aromatico, come quello che abbiamo preparato, mescolando erbe essiccate, sale grosso e pazienza. E mentre riempiva il suo vasetto, lui lo guardava come se lì dentro non ci fosse solo sale… ma un pezzetto di esperienza, un ricordo, un sapere imparato con le mani, col naso e con il cuore.


Alla fine della giornata non avevamo solo vasetti, piantine e profumi… Avevamo piccoli pezzi di natura da portare a casa, e una nuova consapevolezza: che le piante parlano. Non con le parole, ma attraverso ciò che ci lasciano sentire, toccare, annusare e sperimentare.


giovedì 6 ottobre 2022

Un pomeriggio nel Paese delle Meraviglie... senza dover cadere in nessun buco

 


Ci sono posti che non si trovano sulle mappe, perché non sono fatti di strade ma di immaginazione.

Luoghi che, più che visitarli, si attraversano con lo stupore… come se qualcuno ti prendesse per mano e ti dicesse:
“Non avere fretta, qui tutto funziona con un tempo diverso”.


È quello che è successo a noi, varcando la porta del Rabbit Hole Café, nel centro di Milano, e trovandoci, senza preavviso, nel cuore del Paese delle Meraviglie.

Le pareti non erano più muri, ma pagine di libri aperti e giganti fiori di carta.
Davanti a noi non c’erano tavoli, ma tavole apparecchiate di storie.


 

 

E tra una libreria capovolta e un cappello del Cappellaio Matto, anche una piccola bottiglietta ci sussurrava: Drink me.

 

E noi, naturalmente, abbiamo bevuto.

Un tè blu visto diventare viola, che sembrava arrivare direttamente da un giardino segreto, dove le regole non sono scritte sui cartelli, ma si scoprono solo se hai il coraggio di stupirti ancora.

Nicolas osservava ogni angolo come se fosse vivo:
le carte da gioco in formato gigante, gli specchi che sembravano finestre su mondi nascosti, i soffitti pieni di cappelli volanti…



E intanto io lo guardavo, semplicemente felice del fatto che la fantasia riempiva tutte le nostre cellule.



venerdì 8 luglio 2022

Dentro la testa di un Genio

 


Ci sono incontri che ti fanno sentire come se stessi spiando dentro la testa di un genio.

 

 

Così è stata la nostra giornata alla mostra dedicata a Leonardo da Vinci.

Non una semplice esposizione, ma un vero laboratorio del pensiero.
Macchine costruite fedelmente dai suoi disegni, legno, ingranaggi, corde, leve, mulini, ponti, carrucole… tutto lì, davanti a noi, non solo da guardare — ma da toccare, provare, mettere in moto.

 

E allora inizi a capire che Leonardo non era solo quello famoso del quadro della Gioconda… ma un uomo che osservava la natura in silenzio, ne rubava i segreti e li trasformava in idee.

Lui non studiava le cose per imitarle, ma per capirle: “Perché funziona così?” “Cosa succede se provo a farlo in un altro modo?”

 

E questa domanda, alla fine, è quella che ha guidato anche noi.

Perché girare una manovella e un mulino si mette in movimento, o spostare una leva che solleva un peso con la forza di un dito… si rimane stupiti.

Non imparare per sapere.
Imparare per capire.
Capire per creare.

E forse, in quel momento, Leonardo era un po’ lì con noi.
Non nei quadri, non nei libri.
Ma nel coraggio di fare domande.

mercoledì 22 giugno 2022

Sotto terra e vicino al cuore. Toscana, miniera, lago e cura

 


Ci sono esperienze che ti scendono dentro, proprio come un tunnel scavato nella roccia. La gita in Toscana, alla miniera, è stata così: un viaggio che ci ha portati sottoterra, ma che allo stesso tempo ha aperto qualcosa in alto, dentro di noi.


Con il caschetto giallo in testa e gli occhi curiosi, il mio piccolo camminava tra pareti scavate a mano, corridoi stretti e luci fioche. Ogni passo aveva il sapore dell’avventura, e ogni goccia d’acqua che cadeva dalle rocce sembrava raccontare una storia antica, fatta di fatica, ingegno e coraggio. Non servivano spiegazioni: bastava guardarlo mentre avanzava, silenzioso e attento, per capire che qualcosa stava accadendo. Era un incontro con il mistero del sottosuolo… ma anche con il proprio modo di esplorare il mondo.

 

Poi il rumore del piccolo trenino della miniera, il buio che andava e veniva tra le gallerie, il freddo delle pietre sotto le mani. Eravamo dentro la Terra, eppure, paradossalmente, ci sentivamo più vicini al cielo.

 


Il viaggio è continuato in camper, solo noi mamme con i nostri bambini, e quell’avventura si è trasformata in qualcosa di ancora più prezioso: lentezza, condivisione, sorellanza. Vicino al Lago di Bolsena abbiamo vissuto giornate piene di semplicità e bellezza: pranzi cucinati all’aperto, chiacchiere serali, giochi tra l’erba, risate libere e quel senso di casa che non dipende mai da dove sei, ma da chi hai accanto.


E come spesso accade quando la natura ti accoglie davvero, qualcosa arriva a ricordarti che sei parte di un tutto molto più grande. È stato così che abbiamo trovato un cucciolo di pipistrello, minuscolo, fragile, rannicchiato come un ricamo scuro tra le dita. Non spaventoso, non strano. Solo bisognoso. Ci siamo presi cura di lui, con delicatezza e rispetto, contattando chi potesse salvarlo nel modo giusto, senza improvvisazioni. E in quel gesto, semplice e potente, ho visto nascere nei miei figli un senso profondo di responsabilità e meraviglia.

 


Ovviamente è stata anche l’occasione per fermarci un momento, incuriositi, e fare un piccolo approfondimento su questi affascinanti abitanti del cielo notturno: i pipistrelli, unici mammiferi capaci di volare, custodi silenziosi dell’equilibrio naturale. Ci ha stupiti scoprire che sono grandi alleati dell’uomo, perché mangiano centinaia di zanzare ogni notte, impollinano alcuni fiori e usano un sistema incredibile per orientarsi, l’ecolocalizzazione, che permette loro di “vedere con le orecchie”. Da quel giorno, il loro volo non ci sembrerà più misterioso… ma meravigliosamente sensato.

Non avevamo semplicemente visitato una miniera, o sostato in riva a un lago. Avevamo imparato ad entrare nei luoghi — e nelle storie — con presenza. A sostare, ad ascoltare. A prenderci cura.

E mi sono chiesta: non è forse questo, educare?