Non tutto deve partire da un’idea chiara.
A volte basta un tavolo, del midollino da ammollare nell’acqua, mani esperte che sanno aspettare e altre che hanno voglia di provare.
Questa giornata è nata così.
Con l’incontro con una mamma homeschooler che da anni lavora intrecciando cesti e che ha deciso di regalarci tempo, attenzione e sapere. Nessuna lezione frontale, nessuna fretta di arrivare al risultato. Solo gesti lenti, spiegazioni pratiche e quell’atmosfera tranquilla che si crea quando qualcuno condivide qualcosa che conosce davvero.
Prima ancora di intrecciare, c’è stata la preparazione.
Il midollino va ascoltato: se è troppo secco si spezza, se è troppo bagnato non tiene. Serve il giusto grado di umidità, una pazienza che oggi sembra fuori moda, e la disponibilità a sbagliare più volte prima di capire la tensione giusta tra le mani.
Non è stato tutto semplice.
Ci sono stati momenti un po’ ostici, passaggi da rifare, intrecci che non volevano saperne di stare al loro posto. Ma proprio lì stava il bello: nel non mollare, nel ridere degli errori, nel fare insieme. La difficoltà non ha tolto piacere all’esperienza, lo ha reso più vero.
Alla fine lo ammetto: il cesto l’ho concluso io.
Ma non è questo il punto. Il punto è quello che resta addosso dopo una giornata così: la consapevolezza del lavoro che c’è dietro un oggetto semplice, il valore del tempo condiviso, la bellezza di imparare qualcosa che passa dalle mani prima ancora che dalla testa.
Tornando a casa, quei cesti non erano solo oggetti.
Erano il segno concreto di un tempo rallentato, di un sapere antico che continua a vivere quando qualcuno decide di trasmetterlo, e di un’esperienza che lascia tracce più profonde di quanto sembri.
A volte non serve andare lontano o costruire grandi progetti.
Basta intrecciare. Fili, gesti, relazioni. E lasciarsi sorprendere da ciò che nasce.