Ci sono materiali che invitano al silenzio.
Il legno è uno di quelli.
Appena si appoggia sul tavolo, cambia il ritmo: le mani rallentano, lo sguardo si fa più attento, i gesti diventano intenzionali. È con questo spirito che ci siamo buttati, ancora una volta, in un progetto di falegnameria creativa.
Non un unico grande lavoro, ma piccoli oggetti, uno a ogni incontro. Giochi semplici, costruiti pezzo dopo pezzo, con martello, morsetti, seghetti, colla, pazienza. Ogni volta qualcosa di diverso, ogni volta una sfida nuova: incastri da capire, fori da allineare, superfici da levigare, attese da rispettare.
Qui il fare non è mai immediato.
Prima si osserva, poi si prova, a volte si sbaglia, si smonta, si riprende. Il legno non ha fretta e non perdona la distrazione. Chiede presenza.
Intorno al tavolo il clima è concreto e vivo: mani sporche di colore, trucioli sparsi ovunque, attrezzi che passano di mano in mano, occhi concentrati e sorrisi improvvisi quando qualcosa finalmente funziona. Si costruiscono oggetti, sì, ma soprattutto si costruisce fiducia nel processo.
Ogni gioco finito racconta un percorso più che un risultato. Non è mai “perfetto” nel senso adulto del termine, ed è proprio questo il suo valore. Porta addosso i segni del tempo condiviso, delle prove ripetute, delle soluzioni trovate insieme.
Questa falegnameria è stata definita creativa non a caso. Non perché tutto sia libero o improvvisato, ma perché lascia spazio all’invenzione, all’adattamento, alla possibilità di trasformare un’idea iniziale in qualcosa di leggermente diverso, e spesso più interessante.
A fine incontro restano sul tavolo piccoli giochi in legno, un po’ storti forse, ma solidi. E resta addosso quella sensazione rara di aver fatto qualcosa dall’inizio alla fine, con le proprie mani, seguendo un tempo che non corre.
Costruire piace.
Costruire insieme, ancora di più.
E il legno, silenzioso compagno di queste giornate, sembra sempre ricordarlo: ciò che nasce lentamente, regge meglio.