venerdì 6 maggio 2022

Dentro la fabbrica del cioccolato

 


C’è un momento, quando entri in una fabbrica di cioccolato, in cui ti senti di nuovo piccolo.
È lo stesso momento in cui capisci che Willy Wonka non è un personaggio inventato… È uno stato d’animo.

È negli occhi che brillano. Nel rumore dei macchinari che sembrano ingranaggi di un mondo segreto.
Nel profumo dolce che ti avvolge come una storia che si racconta da sola.

Guardare i bambini osservare i semi di cacao, toccare le fave ruvide, scoprire che quel sapore così familiare nasce da una polpa bianca e strana…
è come vedere la magia al contrario: non più un mistero che si nasconde, ma un mistero che si svela.

  

E poi ci sono le linee di produzione:

nastri che scorrono come fiumi di possibilità, persone che trasformano piccoli gesti in pura meraviglia, macchine che sembrano giganteschi strumenti musicali che suonano una sinfonia di cioccolato.

Una meravigliosa esperienza intrisa di brio e gioia...
un incontro con il nostro essere bambini.


E allora grazie a questa esperienza che ci ha ricordato che dietro ogni cosa buona c’è un viaggio:

un seme, una mano, un gesto, una storia… e un pizzico di magia.

Perché sì, Willy Wonka aveva ragione su una cosa:
la fantasia è un ingrediente reale.
E oggi ne abbiamo fatto scorta.

lunedì 21 marzo 2022

Giappone: quando una cultura lontana ti costringe a guardare con occhi nuovi

 

Ci sono culture che non visiti, ma ti attraversano.
Il Giappone è una di queste.

Non assomiglia a nulla di ciò che conosciamo. Non cerca di piacerti, non si spiega, non si traduce. Pretende attenzione.
Chiede lentezza.
Ti obbliga a fermarti e a guardare.

Ed è stato questo il regalo più grande della mostra che abbiamo visitato.


L’arte che nasce dal quotidiano

Davanti alle ceramiche giapponesi abbiamo capito una cosa semplice e spiazzante: per loro la bellezza non è un’aggiunta, è un’abitudine.

Un vaso non deve stupire.
Deve servire.
E servendo, diventa bello.

Una lezione che rovescia il nostro modo di pensare: noi insegniamo ai bambini a “decorare”; il Giappone insegna che ogni gesto quotidiano contiene già la propria estetica.


 Le maschere: emozioni scolpite, non nascoste

I bambini si sono fermati davanti alle maschere. Alcune severe, altre buffe, altre spaventose.

Non erano “travestimenti”. Erano caratteri, ruoli, mondi interiori trasformati in materia.

Per un attimo ho pensato che fossero un esercizio di sincerità: dare una forma visibile a ciò che normalmente nascondiamo.

E i bambini, senza sapere nulla, lo hanno sentito. Le guardavano come si guarda qualcuno negli occhi.

 

Anche il kimono antico, sospeso a mezz’aria, sembrava più un manoscritto che un capo d’abbigliamento. Ogni tratto un ricordo.
Ogni piega una traccia di chi l’ha indossato.


È strano come altri popoli riescano a fare ciò che noi abbiamo dimenticato: trasformare un oggetto in un rito.


La grande tela calligrafica ha ipnotizzato i bambini. Nessuno di noi sapeva leggere quei segni. Eppure tutti li percepivamo.

È la scrittura che diventa gesto, il gesto che diventa ritmo, il ritmo che diventa meditazione.

In quel momento è stato chiarissimo: non serve capire una lingua per sentirne la verità.


Ci portiamo a casa un altro modo di guardare:

che la semplicità può essere raffinata
che gli oggetti hanno una dignità
che le emozioni possono essere scolpite
che la bellezza più potente è quella che non chiede attenzione.