venerdì 29 aprile 2022

Canoe, silenzio e meraviglia: navigare dentro e fuori di noi

 


Quando mi hanno proposto una giornata in canoa, ho pensato subito a un’avventura per mio figlio. Una di quelle esperienze nuove, un po’ sportive, un po’ esplorative, perfette per nutrire la curiosità dei bambini e dei ragazzi.

Non immaginavo, invece, quanto avrebbe nutrito anche me.


La mattina era luminosa, l’aria ancora fresca. L' entusiasmo si leggeva negli occhi di tutti: quel tipo di felicità che nasce quando senti che sta per succedere qualcosa di importante, anche se non sai ancora cosa.


L’acqua era calma. Così calma da sembrare uno specchio.

E quando la canoa ha iniziato a scivolare leggera, silenziosa, ho sentito subito che non era un semplice “andare”. Era un entrare. Un entrare dentro un ritmo diverso, più lento, più vero.
Il rumore dolce del remo che tocca l’acqua, gli spruzzi piccoli che ritornano indietro, il fluire senza fretta… tutto sembrava sussurrare: fidati, lasciati guidare.


Mio figlio remava con impegno e meraviglia, osservando come un gesto così semplice potesse muovere un’intera barca. Ogni pagaia era una scoperta, ogni piccola curva sulla superficie del lago un segno lasciato, una traccia.

A me, invece, faceva scoprire quanto, spesso, siamo noi ad avere bisogno di imparare. A rallentare. A stare. A sentirci portati.

Il lago, in quel silenzio pieno, non era solo acqua. Era uno spazio sicuro, sospeso, in cui ascoltare.
Ogni cosa sembrava più nitida: i riflessi, i pensieri, perfino il tempo.

E ho pensato che forse educare, ed educarci, somiglia un po’ al remare: non si tratta di spingere forte per arrivare lontano, ma di trovare il proprio ritmo. Di imparare a stare in equilibrio. Di lasciarsi trasportare, quando serve.


Quando siamo tornati a riva, lui aveva le guance rosse, le mani un po’ bagnate e un sorriso che parlava da sé.

Io avevo il cuore pieno. Di cielo, di acqua, di quiete.

E la sorpresa più grande non è stata scoprire quanto fosse bello fare canoa.
Ma quanto, nel silenzio di un lago, si possa navigare anche dentro di sé.

giovedì 28 aprile 2022

Sicilia, terra che racconta: tra pietre antiche, fiori e abbracci



È sempre un ritorno speciale, quello in Sicilia. Non è solo un viaggio per andare a trovare i nonni, è un ritornare a una terra che profuma di mandorle e vento salmastro, dove ogni pietra sembra raccontare qualcosa e ogni sguardo si perde tra mare, rovine e campi in fiore.

 

Appena arrivati, ci ha accolti il suono delle onde e quel cielo spalancato, che qui sembra più grande. La spiaggia era quasi deserta, con una piccola barca abbandonata sulla sabbia e una torre antica che vegliava sulle colline. Mio figlio, in silenzio, osservava il mare come se volesse ricordarsene il colore. E forse sì: certe immagini non si scattano solo con la macchina fotografica, ma si mettono da parte in una tasca speciale della memoria.


Nei giorni successivi, la Sicilia ci ha mostrato il suo lato più generoso: distese infinite di fiori gialli, macchie violacee qua e là, e quell’aria che sa di terra bagnata e primavera piena. Camminare lì dentro, tra il profumo dei fiori e il frusciare delle foglie, è stato come entrare in un quadro vivo. Ogni passo era un piccolo gesto di gratitudine.


E poi, come sempre, la storia è arrivata. Senza cercarla, senza studiarla. Ci ha chiamati da lontano, dalle colonne della Valle dei Templi, da quei giganti di pietra che resistono al tempo e al vento da più di duemila anni. Mio figlio si aggirava tra le rovine e ogni colonna sembrava dirgli: “Eravamo qui molto prima di te, e saremo qui molto dopo. Ma adesso tocca a te ascoltare.” 

 

 

E lui ascoltava, a modo suo: toccando le pietre, osservando le forme, chiedendosi come sia possibile che qualcosa di così fragile abbia resistito tanto a lungo.

Tra un tempio e l’altro, abbiamo scoperto anche la vita semplice, quella che cresce ogni giorno: mandorli carichi di frutti acerbi, rami che si piegano sotto il peso della primavera. Non sembrano importanti, eppure sono il cuore pulsante di questa terra. Fertile, generosa, forte.

E in mezzo a tutto questo, il legame più prezioso: quello con i nonni, con le storie raccontate a tavola, con i pranzi lunghi e le passeggiate lente. Quel tempo che qui scorre in modo diverso, senza fretta. Dove non si è solo turisti, ma parte del paesaggio.

Alla fine, prima di ripartire, siamo tornati al mare. Quello dei faraglioni scuri e del vento umido. E li, tra le rocce, mio figlio e suo padre, uno accanto all’altro, guardavano l’orizzonte. 

 

Così è la Sicilia per noi: un luogo che non finisce quando torni a casa, perché la porti con te. Nel silenzio, nei colori, nei racconti e negli sguardi di chi ami.

giovedì 7 aprile 2022

Urbino, tra botteghe d’arte, fango e meraviglia

 


Ci sono viaggi che non si misurano in chilometri, ma in mani sporche, sorrisi condivisi e idee che prendono forma. Urbino per noi è stato questo: un luogo dove antico e creativo si intrecciano, e dove i ragazzi hanno potuto sperimentare cosa significhi davvero “dare vita” a qualcosa.


Siamo arrivati in camper, in compagnia di amici e famiglie con cui condividiamo non solo strada e paesaggi, ma la stessa visione: imparare facendo, vivendo, progettando, guardando, costruendo. 


Urbino ci ha accolti con le sue mura antiche, le stradine in salita fatte di mattoni consumati dal tempo, gli archi, le botteghe nascoste nei vicoli. Una città che profuma di storia e artigianato, dove sembra che ogni pietra abbia qualcosa da raccontare.


 

In una di quelle botteghe, i ragazzi hanno vissuto un’esperienza che difficilmente dimenticheranno. Non un semplice laboratorio, ma un vero processo creativo: osservare, immaginare, progettare, scegliere materiali, mettersi in discussione, fare e rifare. 

 


Hanno lavorato con legno, cartone, vernici, attrezzi, biciclette smontate, pezzi di scarto trasformati in risorse. Nessuna istruzione precisa, nessun modello da copiare. Solo spazi da esplorare e idee da far nascere.

 

 

 



 




All’inizio li ho osservati parlare tra loro, confrontarsi, provare, sbagliare, tornare indietro e ripartire. E ho pensato che questo è educare: dare strumenti, non soluzioni. Lasciare spazio al pensiero, non riempire vuoti. Vederli costruire, letteralmente, il proprio modo di stare al mondo.

Stavano sperimentando qualcosa di molto più importante: la responsabilità delle loro idee.


Ma non è finita lì.

La visita ad un'antica Officina Grafica...


 


Potevamo dimenticare la Casa di Raffaello?


Poi...

In agriturismo, tra prati, animali e aria vera, si sono sporcati le mani davvero. Fango, paglia, acqua e tanta fantasia. 


Hanno modellato, impastato, costruito forme che somigliavano a costruzioni, sculture, creature, case immaginarie. Non importava il risultato finale: contava il legame tra mani e materia, tra idea e realtà, tra dentro e fuori.



 

Intanto noi adulti li osservavamo, un po’ invidiosi di quella leggerezza, un po’ grati di poter assistere a qualcosa di così semplice e naturale: la creatività che sgorga senza filtri.



Urbino ci ha offerto molto più di una gita. Ci ha mostrato che l’apprendimento non ha un luogo, né un'età, né un banco. Può nascere in strada, in bottega, nel fango, dentro un'idea condivisa. E che i viaggi più belli sono quelli che ti lasciano qualcosa da portare a casa. Non un souvenir, ma un’esperienza da ricordare.

Convivialità, musica e... tanta amicizia.