martedì 4 giugno 2024

Un albero che racconta un anno di scoperte + Harry Potter


L’esame di passaggio di classe ha sempre qualcosa di speciale. Non tanto per quello che “si dimostra”, ma per tutto ciò che prende forma lungo il cammino.

Questa volta il filo conduttore è stato il mondo delle scienze: il suolo, gli alberi, la fotosintesi, gli animali, il ritmo delle stagioni. Argomenti affrontati con curiosità, domande, osservazioni quotidiane… e poi raccolti in un manufatto che è diventato il vero protagonista dell’esame.

Un albero.
Non solo da guardare, ma da raccontare.

Le radici per parlare del suolo e di ciò che lo rende vivo.
Il tronco come sostegno e passaggio.
Le foglie per spiegare la fotosintesi, la luce, l’aria.
I cambiamenti per attraversare le stagioni e il tempo che scorre.

Davanti alla commissione non c’erano solo risposte, ma un percorso che si vedeva e si toccava. Un modo concreto per mettere insieme ciò che si è scoperto, studiato, osservato nel corso dell’anno.

L’emozione era palpabile. Quella bella, che non blocca ma accompagna.
E quando tutto si è concluso, è rimasta una sensazione semplice e piena: quella di un passaggio fatto, con presenza.


Dopo l’esame, il tempo si è allargato in una festa condivisa con amici homeschoolers, in un luogo sorprendente e decisamente familiare allo stesso tempo: un posto a tema Harry Potter, uno di quei mondi che da anni fanno parte del nostro immaginario.


Sedersi lì, tra dettagli curati e richiami magici, ha reso tutto ancora più speciale. Risate, chiacchiere, leggerezza. Un modo naturale per chiudere un capitolo e aprirne un altro, senza fretta.







Questo blog nasce anche per questo: custodire tracce.

Di giornate intense, di emozioni che trovano forma nei luoghi, di manufatti che raccontano più di mille parole.
Di percorsi che crescono come alberi, un po’ alla volta, stagione dopo stagione. 

domenica 2 giugno 2024

Una sosta imprevista, il Medioevo che prende vita


La gita era nata per tutt’altro motivo.

Una giornata fuori porta, in Toscana, senza grandi programmi, con il solo desiderio di stare bene e godersi il tempo.

Al ritorno, quasi per caso, una deviazione per il pranzo. Un paese incontrato lungo la strada, il bisogno di fermarsi, e quella sensazione sottile che qualcosa stesse succedendo. Bandiere, colori, persone radunate. Una festa di paese. Di quelle vere.


Abbiamo mangiato lì, tra tavoli all’aperto e voci che si intrecciavano. Poi l’attesa si è spostata verso il campo: costumi storici, cavalli, tamburi. Una rievocazione medievale che, poco a poco, ha preso forma davanti agli occhi.

La gara, una giostra cavalleresca, simile a quelle che ancora oggi si tengono ad Arezzo, è stata un concentrato di tensione ed emozione. Il cavallo lanciato al galoppo, la lancia che cerca il bersaglio, il silenzio prima dell’impatto e poi l’esplosione degli applausi. Un momento sospeso, che non ha bisogno di spiegazioni.


In quell’istante il Medioevo non era più nei libri, né nei racconti. Era lì. Vivo. Concreto. Fatto di gesti precisi, regole antiche, coraggio e concentrazione.

Quello che resta, a distanza di tempo, non è solo l’evento in sé. È l’idea che la storia possa ancora sorprenderci quando smettiamo di cercarla e le permettiamo di farsi incontro. Che l’apprendimento, a volte, passa da una sosta non programmata, da una piazza piena, da un cavallo che corre.

Un pranzo qualunque si è trasformato in memoria.
E il viaggio ha trovato, senza volerlo, un nuovo racconto da portare a casa.