domenica 7 dicembre 2025

Tra uno schermo e un foglio bianco: dove nasce davvero lo sguardo?


A volte mi trovo a osservare scene che sembrano semplici solo in apparenza. Un ragazzo, un computer aperto, un’immagine sullo schermo. E accanto, un foglio bianco che pian piano smette di essere vuoto.


È un dialogo silenzioso, quasi filosofico: il virtuale che offre un riferimento, il reale che pretende un gesto. Da una parte la perfezione immobile di un’immagine digitale, dall’altra l’imperfezione viva della mano che prova, sbaglia, ripassa, insiste.

Ed è lì, in mezzo a questo spazio invisibile, che succede qualcosa di fondamentale.
Lo vedo mentre si avvicina allo schermo per cogliere un dettaglio e subito dopo si piega sul foglio per restituirlo alla sua maniera. Non sta copiando. Sta interpretando. Sta traducendo da un linguaggio a un altro: da pixel a segno, da immagine a significato.

Il virtuale diventa ispirazione, il reale diventa esperienza.
E in questo passaggio avviene un piccolo rito di consapevolezza: il gesto della mano che ricorda che sentire è diverso da guardare, che la memoria profonda nasce quando qualcosa la attraversi anche fisicamente.

È curioso osservare come un occhio disegnato possa trasformarsi in uno specchio: guardando lui disegnare, mi ritrovo a pensare a quanta parte della nostra vita si muova ormai tra queste due dimensioni, lo schermo che mostra e il mondo che invita a toccare.

Forse la verità sta nel ponte che costruiamo ogni volta.
Nel modo in cui scegliamo di abitare entrambi gli spazi senza lasciarci definire da nessuno dei due.

E allora questo semplice esercizio diventa una piccola meditazione sul presente: il digitale che suggerisce, il reale che radica.
Uno sguardo che nasce da un’immagine virtuale… ma che prende vita solo quando trova il coraggio di uscire dalla mano.


lunedì 17 novembre 2025

il “Processo a Cappuccetto Rosso”

 

 

La prossima settimana vivremo una delle nostre lezioni più originali e stimolanti: una mamma homeschooler, avvocato, guiderà i ragazzi in un laboratorio speciale dove Cappuccetto Rosso diventerà… imputata, testimone, e protagonista di un vero processo!


Prima ci sarà una piccola recita con i ruoli della storia, poi il tribunale si aprirà e ogni bambino avrà il compito di osservare, ragionare, argomentare.

Un modo pratico, giocoso e profondamente educativo per avvicinarli al diritto, al pensiero critico e all’educazione civica.

E nel frattempo?
Noi stiamo leggendo la favola.
Sì, proprio quella che tutti conoscono… tranne Nicolas!
Lui ne ha sempre incontrati solo pezzi, adattamenti, citazioni sparse.
E questo non è un caso.

Io non ho mai amato le favole classiche nella loro versione “edulcorata” e standardizzata. Preferisco evitarle finché non arriva un’età in cui si possono affrontare insieme anche le versioni originali, con tutte le loro ombre, simboli e stratificazioni.
Le leggere in un contesto più maturo, consapevole, critico… sarà un altro viaggio, quando sarà il momento giusto.


Ma oggi le usiamo come strumento.

Non per trasmettere una morale preconfezionata, ma per aprire domande.
Per cambiare prospettiva. Per capire che ogni storia può essere vista da più punti di vista. Che la giustizia non è mai semplice.
Che la realtà, proprio come le fiabe nelle loro varie versioni, è fatta di interpretazioni, di responsabilità, di conseguenze.

E soprattutto, che l’apprendimento può essere vivo, sorprendente, creativo.
Può passare da un bosco, da un lupo, da una bambina con un cestino… e arrivare al cuore del diritto, dell’empatia.

Trasformiamo ogni occasione in un allargamento di sguardi.
Una fiaba diventa un processo. Un processo diventa una lezione sulla vita. Una lezione diventa un ricordo che rimane.