venerdì 24 novembre 2023

Atena è arrivata


Ci sono ingressi che non fanno rumore, eppure cambiano l’aria di casa.

Questo è uno di quelli.

Da tempo aleggiava un desiderio, rimasto lì in sospeso per anni, come una frase non detta. Non perché mancasse la voglia, ma perché non sempre le condizioni della vita si allineano nel modo giusto. E poi, diciamolo con onestà: un cane non è solo una coccola, è una responsabilità che chiama presenza, tempo, costanza.

A un certo punto però qualcosa è cambiato. La richiesta è diventata più consapevole, più insistente, più matura. E prima che l’entusiasmo prendesse strade poco sagge, abbiamo deciso di fare una scelta insieme: cercare un cucciolo che avesse bisogno di una casa, e vedere se quell’incontro sarebbe stato anche il nostro.

Ed eccola qui.


Atena è arrivata in punta di zampe, con quello sguardo che sembra chiedere permesso e promettere fedeltà nello stesso istante. Il nome non è stato scelto a caso: forza e dolcezza, intelligenza e istinto, un equilibrio tutto da scoprire. È curiosa, attenta, sorprendentemente delicata. Di quelle presenze che non invadono, ma si fanno spazio piano piano.

In occasione del ponte dell’8 dicembre è partita subito per la sua prima avventura: il camper. Un banco di prova non da poco. Nuovi odori, nuovi rumori, spazi diversi. E invece lei, composta, educata, come se quel ritmo lento e itinerante lo conoscesse già. Si è adattata con una naturalezza che ha lasciato tutti un po’ stupiti.


Ora in casa c’è un respiro in più.

C’è qualcuno che dorme arrotolata nei posti più improbabili, che osserva, che segue, che aspetta. E c’è una nuova avventura che comincia, fatta di passeggiate, di regole da imparare, di legami che si costruiscono giorno dopo giorno.

Senza proclami, senza idealizzazioni.
Solo vita che si aggiunge alla vita.

Benvenuta Atena.
Il viaggio è appena iniziato.



venerdì 3 novembre 2023

Un pomeriggio negli abissi: curiosità, brividi e meraviglia


Qualunque gita o mostra che organizziamo ha il sapore di qualcosa speciale.

E questa volta ci siamo ritrovati davanti alla bocca spalancata di un grande squalo,
quella vera no, ma la sensazione… beh, quella sì, era autentica.

Dentro era tutto un alternarsi di luci, ombre e creature che sembravano arrivate da un altro pianeta. Lo sguardo di Nicolas, a metà tra il fascino e il sospetto, diceva tutto.

Una delle prime cose che ci ha colpito sono state le pastinache e le torpedini, con quei cartelli che sembravano raccontare storie di viaggi lunghissimi attraverso gli oceani.
Abbiamo scoperto che le torpedini possono emettere scariche elettriche per difendersi, un dettaglio che ha immediatamente acceso mille domande e qualche ipotetico superpotere immaginato.





 


Poi è arrivato il momento “solo per coraggiosi”: avvicinarsi alla bocca enorme del squalo bianco. I denti, affilati come lame, disposti su più file per sostituirsi continuamente. Una macchina perfetta, costruita dall’evoluzione. Eppure, visti così da vicino, facevano quasi più tenerezza che paura… o forse era solo un modo per convincerci a fare la foto.

Tra le cose più affascinanti c’è stata la possibilità di toccare la pelle dello squalo: ruvida come carta vetrata, perché ricoperta di dentelli dermici, minuscole scaglie che funzionano come un’armatura. Un dettaglio che dal vivo sorprende sempre.

E poi lei, la signora degli abissi: la rana pescatrice. Con quel corpo che sembra modellato nel buio e quel “faro” naturale che usa per attirare le prede. Uno degli esempi più incredibili di come la vita si adatti anche dove sembra impossibile vivere.


A un certo punto la sala si è colorata di viola e blu: le meduse. Fragili e potenti allo stesso tempo, composte al 95% di acqua, ma capaci di sopravvivere anche dove altri animali non ce la fanno. Si muovono come fossero danza pura, e resti lì a guardarle, dimenticandoti perfino di scattare foto.


Abbiamo chiuso il percorso davanti alla riproduzione gigantesca della mascella del megalodonte.

E mentre lui si posizionava al centro, minuscolo in quel cerchio di denti, pensavo a quanto devono essere strani e bellissimi i percorsi che ci portano ogni volta a qualcosa di nuovo.


martedì 31 ottobre 2023

Tra zucche, ombre e storie antiche

Halloween per noi non è mai stato solo una sera in maschera.

È più un percorso che inizia prima, lentamente, come succede con le cose che vale la pena assaporare.

Tutto è cominciato in un campo di zucche.


File ordinate di arancioni imperfetti, verdi polverosi, forme storte e pesanti appoggiate sulla terra secca. C’era chi spingeva una carriola troppo grande per il carico scelto, chi osservava le dimensioni con aria seria, chi faceva domande su semi, stagioni, tempo e pazienza. La spiegazione sulla coltivazione è arrivata semplice, concreta, senza effetti speciali: la terra, l’attesa, il ritmo delle stagioni. Ed è bastato.

 

La zucca scelta è poi entrata in casa come un piccolo trofeo.


Intagliarla è sempre un rito: il disegno prima, le mani che affondano, i semi che scivolano via, l’odore umido che resta sulle dita. Non serve che sia perfetta. Serve che sia nostra. Una faccia un po’ storta, un sorriso sbilenco, la luce che da dentro cambia tutto.

Halloween affonda le sue radici molto lontano da come lo vediamo oggi.
Nasce da Samhain, una festa antica dei Celti che segnava la fine dell’estate e l’inizio della stagione buia. Un tempo di passaggio, in cui il confine tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti si faceva più sottile. Non c’era paura, ma rispetto. Non c’era horror, ma ascolto. La notte diventava un luogo da attraversare, non da evitare.


Forse è per questo che questa festa, se vissuta con calma, ha qualcosa di profondamente affascinante.

E poi arriva la sera.

Le luci si abbassano, compaiono ragni finti, candele tremolanti, teschi di plastica e risate vere. Mostri improvvisati, fantasmi un po’ stropicciati, amici che bussano, mani piene di dolci e occhi che brillano più delle decorazioni. La paura diventa gioco, il buio diventa racconto condiviso.



Halloween passa così, tra terra e immaginazione, tra antiche storie e momenti semplici.

Una zucca scavata, una tavola apparecchiata, una notte che non fa più paura.

E alla fine resta quella sensazione sottile:
aver dato spazio a qualcosa di antico, senza accorgersene troppo.

lunedì 16 ottobre 2023

Un tuffo nei colori di Van Gogh


A volte basta un pomeriggio diverso per ritrovarsi immersi in un mondo fatto di luce, pennellate e silenzi che parlano più delle parole. Prima di visitare la mostra dedicata a Van Gogh, abbiamo deciso di metterci davvero “nelle sue mani”, lasciandoci guidare da Artenthusiasts (in lingua inglese) in un piccolo laboratorio che ci ha fatto sentire, per un attimo, parte del suo cielo inquieto.

Vedere la tela prendere forma davanti a noi è stato emozionante. Quel movimento continuo del pennello, i blu che si intrecciano, i giri di luce… tutto sembrava un modo semplice e diretto per entrare nell’universo di un uomo che, con i colori, cercava di dare ordine alle sue tempeste interiori.


E poi, la mostra. Le opere originali hanno un peso diverso: ti fermano, ti rallentano, ti costringono a guardare davvero. I disegni più intimi, gli studi, i paesaggi che pulsano di vita… ognuno portava con sé una piccola parte del suo spirito inquieto e generoso.

Camminare tra le sale, osservando i bambini avvicinarsi ai quadri come a qualcosa di vivo, è stato forse il momento più prezioso. Non serve spiegare troppo: l’arte, quando arriva, lo fa da sola. E ognuno porta via ciò che riesce a vedere, o a sentire.

 


Un’altra esperienza che resta. Un altro tassello che si aggiunge, senza pretese, al nostro percorso fatto di curiosità, tentativi, e voglia di scoprire il mondo anche attraverso gli occhi degli artisti.

giovedì 28 settembre 2023

Dentro l’inaspettato. La nostra giornata nella mente di Leandro Erlich

Alcune esperienze sembrano fatte apposta per ribaltare il modo in cui guardiamo il mondo. La mostra di Leandro Erlich è stata una di queste: sorprendente, giocosa, a tratti spiazzante… e incredibilmente coinvolgente.

Erlich, artista argentino noto a livello internazionale, lavora da anni sull’idea di illusione percettiva: crea installazioni che mettono in discussione ciò che diamo per scontato, trasformando ambienti quotidiani in piccoli paradossi visivi. L’intento non è ingannare, ma risvegliare: farci dubitare per un attimo di ciò che crediamo di vedere, così da tornare a osservare con occhi più aperti.

E noi, in mezzo alle sue opere, ci siamo finiti letteralmente dentro.


Le prime sale ci hanno accolto con una finestra murata sospesa, un oggetto impossibile che fluttuava davanti a noi come una domanda lasciata a mezz’aria. Poco dopo, una nuvola intrappolata in una teca al buio sembrava respirare da sola. I bambini si sono avvicinati piano, quasi aspettandosi che potesse parlare.


Poi le barche: tre piccole imbarcazioni illuminate in una stanza completamente nera. Galleggiavano su un’acqua calma che… acqua non era. E in quell’oscurità tutti abbiamo abbassato il tono della voce, come se stessimo davvero entrando in porto, di notte.


E ancora, stanze che si trasformavano in finestre su vite altrui, ascensori che si aprivano su persone che non esistono davvero, ma che sembravano sul punto di uscire e chiederci di tenergli la porta.

La curiosità dei bambini si è accesa subito: “Ma come fa a essere reale e non reale allo stesso tempo?” È una domanda che vale più di tante spiegazioni.



La parte più divertente, però, è stata diventare noi stessi opera d’arte.

Davanti alla famosa facciata inclinata, ci siamo ritrovati tutti a “scalare” muri, aggrapparci alle finestre, stenderci come naufraghi urbani… mentre in realtà eravamo sdraiati su un pavimento-dipinto, riflessi in un gigantesco specchio.
Le risate in quella stanza credo si sentissero fino alla sala successiva.


E poi i corridoi infiniti di specchi: quei giochi visivi che trasformano un gesto semplice, come camminare o affacciarsi, in un racconto nuovo. Uno di quei luoghi dove i bambini si perdono — e gli adulti ritrovano, un po’, la voglia di perdersi anche loro.


Siamo usciti dalla mostra con quella sensazione leggera e piena che arriva quando la realtà viene ribaltata quel tanto che basta a ricordarci che il mondo non è mai solo come appare.

A volte basta inclinare lo sguardo di qualche grado per scoprire che può essere molto, molto di più.

Un’esperienza che ci ha ricordato quanto sia prezioso lasciare spazio allo stupore. Anche, e soprattutto ,quando non ce l’aspettiamo.

Se volete un luogo che faccia brillare la curiosità di tutta la famiglia, segnatevi questa mostra: è uno di quei posti da cui si esce un po’ diversi da come si è entrati.

domenica 11 giugno 2023

La realtà inganna gli occhi. Museo delle Illusioni

 

A volte pensiamo che vedere significhi capire. Ma basta entrare in un luogo dove linee si muovono anche se sono ferme, colori si trasformano senza cambiare, facce si moltiplicano a dismisura dentro un caleidoscopio, per capire quanto il nostro cervello ami giocare con noi.



In occasione del compleanno di una cara amica, abbiamo scelto un posto speciale, fuori dall’ordinario: il Museo delle Illusioni. Un luogo dove tutto sembra possibile, dove realtà e immaginazione si rincorrono, e dove la meraviglia non è solo negli occhi… ma nella mente.

 


Ogni installazione era una sfida. “È fermo o si sta muovendo?” “Perché quella linea sembra più lunga se in realtà sono uguali?” “Come può la mia testa stare su un piatto senza corpo?” Domande che non cercavano una risposta esatta, ma un sorriso, un dubbio, un “voglio provare anch’io”.


Ho visto Nicolas osservare attentamente immagini che ingannavano i sensi, misurare con le mani forme che sembravano diverse e poi scoprire che erano identiche. L’ho visto entrare in stanze che ribaltavano le prospettive, diventare gigante, diventare minuscolo, spuntare dal nulla e moltiplicarsi cento volte nei riflessi.

Il museo non è solo un luogo divertente: è un laboratorio sulla percezione. Ti mostra che vedere non significa sempre capire, che il cervello interpreta, inventa, completa, illude. Ti insegna, con ironia, che la realtà a volte è una costruzione… e che l’immaginazione è una forma di intelligenza.


Alla fine della visita, mentre riguardavamo le foto, quelle impossibili, quelle senza logica, ho pensato a quanto sia importante scoprire, sperimentare, “guardare diversamente”. Perché crescere non è solo imparare cose nuove, ma imparare a vederle con occhi nuovi.


martedì 30 maggio 2023

Tra sughere, rocce antiche e un mare che profuma di libertà


La Sardegna ci ha accolti con quel suo modo gentile ma deciso, come se volesse dire: “Prenditi il tempo di guardare davvero”.

E così abbiamo fatto.

Il mare, prima di tutto. Quell’azzurro che non sai se è acqua o cielo, e quelle rocce lisce, consumate dal vento e dal tempo, che sembrano avere storie da raccontare. Nicolas ci saltava sopra, come se fossero isole in mezzo all’immaginazione. E a pensarci bene, un po’ lo erano.


Poi, una sorpresa che non dimenticheremo: un sentiero che profumava di terra e vento caldo, e all’improvviso gli alberi. Ma non alberi qualunque: sughere. Storte, nodose, con la corteccia incisa, quasi ferita, ma viva.


Gli ho spiegato che da quella corteccia si ricava il sughero, lo stesso materiale dei tappi delle bottiglie e delle bacheche. Che la pianta non muore quando lo si toglie, anzi: si rigenera, lentamente, in silenzio.

E lui ha osservato quei tronchi color ruggine e ha detto: “Sembrano vestiti a metà”.
E sì, in effetti.

 

Tra strade rosse di polvere, pietre antiche e macchia profumata, abbiamo incontrato anche le Tombe dei Giganti. Chiamate così perché la leggenda vuole che qui dormissero creature enormi e sagge. In realtà erano tombe collettive nuragiche, ma in quel momento, davanti a quelle pietre alte e misteriose, la leggenda sembrava la versione più giusta.


E poi lei, la vera padrona di casa: una tartaruga lenta e placida che ha attraversato il sentiero come se non avesse fretta. Nicolas l’ha seguita per qualche metro, ridendo piano.


E mi è sembrato che quell’incontro dicesse molto della Sardegna: forte, antica, senza fretta.

Alla fine, tra sabbia dorata, antiche pietre e tronchi vestiti a metà, questo viaggio ci ha regalato la cosa più semplice e preziosa: il tempo per osservare, respirare lentamente e godersi la gioia di stare insieme.

E a volte, è proprio da lì che comincia tutto.