Si attraversano in punta di piedi, con il fiato sospeso, come se ogni passo potesse risvegliare una memoria che non ci appartiene, ma che dobbiamo custodire.
Il Memoriale della Shoah di Milano, al Binario 21, è uno di questi luoghi.
Siamo scesi giù, sotto la stazione che oggi conosciamo bene, e ci siamo ritrovati davanti ai vagoni originali, al cemento grezzo, a quel silenzio pesante che parla più di qualsiasi guida.
Abbiamo ascoltato le parole di chi ha incontrato i superstiti, storie che non dovrebbero essere possibili… eppure sono accadute.
E proprio qui.
La domanda che più ci ha scossi è stata semplice e devastante:
“Com’è stato possibile che nessuno si accorgesse? Come può l’indifferenza diventare così grande?”
I treni partivano di notte.
Ogni volta, un convoglio pieno di persone strappate alle loro case passava di nascosto sotto la città.
Binario 21 era un binario sotterraneo, lontano dagli sguardi: un inganno architettato per non vedere, per non sapere, per non sentire.
Eppure oggi, quel luogo restituisce tutto: il freddo, la paura, il dolore.
Perché la storia non serve a ferire: serve a non ripetere.
Serve a ricordarci che l’indifferenza è sempre il primo passo verso qualcosa che non deve più accadere.
Usciamo con la consapevolezza che la memoria è un atto di responsabilità.
E che ogni volta che scegliamo di guardare, di ascoltare, di capire, facciamo un passo piccolo, ma reale in direzione dell’umanità.
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