Ci sono luoghi che restano in attesa, quasi nascosti agli occhi di chi ci vive accanto ogni giorno.
La Certosa di Pavia per noi è stata esattamente questo: un tesoro a pochi passi da casa che abbiamo scoperto solo pochi giorni prima del nostro trasferimento.
E forse proprio per questo la visita è stata ancora più intensa, come un dono dell’ultimo momento.
Un capolavoro che attraversa i secoli
La Certosa di Pavia fu fondata nel 1396 da Gian Galeazzo Visconti come mausoleo di famiglia e affidata all’ordine certosino.
È considerata uno dei più straordinari complessi monastici del Rinascimento italiano, celebre per la sua facciata scolpita e per l’armonia degli spazi interni.
Durante la visita abbiamo incontrato alcuni monaci che ancora oggi coltivano piante officinali, proprio come facevano i loro predecessori.
Sanno riconoscere ogni erba, le proprietà di radici e foglie, il modo corretto di essiccarle, conservarle e trasformarle in rimedi.
Un sapere antico, tramandato nei secoli attraverso la pratica, lo studio e una pazienza che appartiene solo a chi vive in ascolto profondo del mondo naturale.
Nell’antico corridoio dedicato alle erbe abbiamo trovato pannelli con piante come valeriana, biancospino, passiflora, propoli, cardo mariano…
Piccoli manuali viventi di fitoterapia che raccontano una parte importante della storia dei monasteri: luoghi di cura, conoscenza e medicina.
La parte più sorprendente per i bambini (e anche per noi) è stata visitare le celle monastiche, che in realtà sono piccole abitazioni indipendenti: una stanza per pregare, una per dormire, un tavolo di legno, un camino, un minuscolo giardino privato.
Spazi essenziali, austeri, perfettamente coerenti con la regola certosina.
L’Ordine certosino è noto per il suo stile di vita eremitico-cenobitico:
– eremitico, perché ogni monaco vive principalmente in solitudine nella propria cella;
– cenobitico, perché la comunità si riunisce solo per alcune preghiere comuni.
La giornata era scandita così:
🔸 lunghi momenti di preghiera individuale
🔸 meditazione, lettura e lavoro manuale
🔸 pasti consumati da soli nella propria cella
🔸 pochissimo dialogo, solo se necessario
🔸 una vita dedicata al silenzio, al raccoglimento e alla contemplazione
I certosini cercavano Dio nel silenzio: per questo evitavano il più possibile il contatto con l’esterno e anche tra di loro.
Uno degli aspetti più affascinanti e che ha colpito moltissimo i ragazzi, è stato vedere il meccanismo attraverso cui veniva consegnato il cibo ai monaci senza che nessuno li vedesse.
All’interno della cella c’è una piccola apertura, una specie di mobile incassato nel muro con un cilindro o mensola girevole.
La portinaio del monastero metteva il pasto da un lato, faceva ruotare il tamburo, e il monaco lo ritirava dall’altro.
Nessun contatto, nessuno scambio di parole, nessuna distrazione dal loro percorso di vita interiore.
Un sistema semplice ma geniale, simbolo perfetto della loro scelta di isolamento fisico e spirituale.
Ogni angolo della Certosa è una lezione di storia dell’arte dal vivo:
la facciata scolpita come un merletto di marmo, la ricchezza delle decorazioni rinascimentali, i chiostri perfettamente proporzionati, gli affreschi che raccontano santi, simboli e allegorie.
Per tutti noi una scoperta davvero affascinante.