Non capita spesso di programmare una gita fuori porta per un parco a tema. Eppure, durante una gita in Toscana, è successo.
La notizia di un’area dedicata ai dinosauri meccanici a grandezza naturale ha acceso una curiosità difficile da ignorare. Così siamo arrivati al Cavallino Matto, con un’idea chiara in mente: vedere se quel tassello poteva davvero incastrarsi nel nostro percorso sulla preistoria.
E la risposta è arrivata subito, forte e concreta.
Dinosauri che si muovono, respirano, emettono suoni profondi. Dimensioni che non si possono capire dai libri, né dalle immagini. Bisogna starci davanti, alzare lo sguardo, sentire quasi un leggero disagio nello stomaco. In quel momento la preistoria smette di essere lontana: diventa corpo, spazio, presenza.
Osservare le reazioni, le domande che nascono senza essere stimolate, gli sguardi che passano dalla meraviglia al silenzio concentrato, è sempre la parte più interessante. È lì che capisco che un’esperienza ha lasciato traccia.
Questo parco non era una meta “naturale” per noi, e forse proprio per questo ha funzionato. Perché a volte uscire dalle abitudini permette di guardare un argomento da un’angolazione diversa. Un altro linguaggio, un altro ritmo, un’altra porta d’accesso allo stesso tema.
E sì, qualche giostra ce la siamo concessa. Perché anche quello fa parte del viaggio: il divertimento leggero che si intreccia alla scoperta, senza togliere profondità a ciò che si sta vivendo.
Un altro frammento di preistoria si è aggiunto al nostro mosaico fatto di libri presi in biblioteca, musei, parchi, esperienze dal vivo. Nessuna corsa, nessun programma rigido. Solo il piacere di seguire un filo e vedere dove porta.
A volte porta anche dove non pensavi di andare.