martedì 31 ottobre 2023

Tra zucche, ombre e storie antiche

Halloween per noi non è mai stato solo una sera in maschera.

È più un percorso che inizia prima, lentamente, come succede con le cose che vale la pena assaporare.

Tutto è cominciato in un campo di zucche.


File ordinate di arancioni imperfetti, verdi polverosi, forme storte e pesanti appoggiate sulla terra secca. C’era chi spingeva una carriola troppo grande per il carico scelto, chi osservava le dimensioni con aria seria, chi faceva domande su semi, stagioni, tempo e pazienza. La spiegazione sulla coltivazione è arrivata semplice, concreta, senza effetti speciali: la terra, l’attesa, il ritmo delle stagioni. Ed è bastato.

 

La zucca scelta è poi entrata in casa come un piccolo trofeo.


Intagliarla è sempre un rito: il disegno prima, le mani che affondano, i semi che scivolano via, l’odore umido che resta sulle dita. Non serve che sia perfetta. Serve che sia nostra. Una faccia un po’ storta, un sorriso sbilenco, la luce che da dentro cambia tutto.

Halloween affonda le sue radici molto lontano da come lo vediamo oggi.
Nasce da Samhain, una festa antica dei Celti che segnava la fine dell’estate e l’inizio della stagione buia. Un tempo di passaggio, in cui il confine tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti si faceva più sottile. Non c’era paura, ma rispetto. Non c’era horror, ma ascolto. La notte diventava un luogo da attraversare, non da evitare.


Forse è per questo che questa festa, se vissuta con calma, ha qualcosa di profondamente affascinante.

E poi arriva la sera.

Le luci si abbassano, compaiono ragni finti, candele tremolanti, teschi di plastica e risate vere. Mostri improvvisati, fantasmi un po’ stropicciati, amici che bussano, mani piene di dolci e occhi che brillano più delle decorazioni. La paura diventa gioco, il buio diventa racconto condiviso.



Halloween passa così, tra terra e immaginazione, tra antiche storie e momenti semplici.

Una zucca scavata, una tavola apparecchiata, una notte che non fa più paura.

E alla fine resta quella sensazione sottile:
aver dato spazio a qualcosa di antico, senza accorgersene troppo.

lunedì 16 ottobre 2023

Un tuffo nei colori di Van Gogh


A volte basta un pomeriggio diverso per ritrovarsi immersi in un mondo fatto di luce, pennellate e silenzi che parlano più delle parole. Prima di visitare la mostra dedicata a Van Gogh, abbiamo deciso di metterci davvero “nelle sue mani”, lasciandoci guidare da Artenthusiasts (in lingua inglese) in un piccolo laboratorio che ci ha fatto sentire, per un attimo, parte del suo cielo inquieto.

Vedere la tela prendere forma davanti a noi è stato emozionante. Quel movimento continuo del pennello, i blu che si intrecciano, i giri di luce… tutto sembrava un modo semplice e diretto per entrare nell’universo di un uomo che, con i colori, cercava di dare ordine alle sue tempeste interiori.


E poi, la mostra. Le opere originali hanno un peso diverso: ti fermano, ti rallentano, ti costringono a guardare davvero. I disegni più intimi, gli studi, i paesaggi che pulsano di vita… ognuno portava con sé una piccola parte del suo spirito inquieto e generoso.

Camminare tra le sale, osservando i bambini avvicinarsi ai quadri come a qualcosa di vivo, è stato forse il momento più prezioso. Non serve spiegare troppo: l’arte, quando arriva, lo fa da sola. E ognuno porta via ciò che riesce a vedere, o a sentire.

 


Un’altra esperienza che resta. Un altro tassello che si aggiunge, senza pretese, al nostro percorso fatto di curiosità, tentativi, e voglia di scoprire il mondo anche attraverso gli occhi degli artisti.