Quando abbiamo deciso di passare qualche ora all’Oasi Sant’Alessio, vicino a Pavia, eravamo un po’ combattuti. I parchi faunistici non sono mai la nostra prima scelta: pensare agli animali chiusi in spazi che non hanno scelto loro ci lascia sempre addosso una sensazione strana, quasi una malinconia che fa da eco mentre camminiamo tra i recinti.
Eppure, questa volta qualcosa è andato diversamente.
Già dall’ingresso l’atmosfera era particolare, sospesa tra il verde fitto e un silenzio rotto solo dai richiami degli uccelli. Le prime tartarughe giganti che abbiamo incontrato hanno imposto un ritmo diverso ai nostri passi: lento, solenne, quasi un invito ad abbassare la voce e osservare senza fretta.
Poi la serra delle farfalle, con quel battito d’ali così vicino da sembrare un saluto. C’erano specie che in natura non vedremmo mai, colori che sembravano dipinti a mano, e il tempo, lì dentro, aveva un modo tutto suo di scorrere.
Ma il vero motivo per cui questa giornata è rimasta impressa è arrivato dopo: la dimostrazione dei rapaci.
Non era uno spettacolo teatrale, né un’esibizione forzata. Sembrava piuttosto un dialogo, silenzioso ma chiarissimo, tra uomo e animale.
Abbiamo scoperto una cosa che ci ha colpiti molto:
i rapaci non possono essere addomesticati.
Non nel senso che intendiamo comunemente.
A differenza di altri animali, non creano con l’uomo un legame basato sull’affetto o sulla collaborazione spontanea. In falconeria, il rapporto si fonda su un equilibrio delicatissimo: il rapace torna al falconiere solo se vuole, perché sa che lì troverà il cibo. Se non ha fame, semplicemente vola altrove.
È un animale selvatico in ogni gesto, in ogni sguardo, in ogni battito d’ali.
E mentre ascoltavamo queste spiegazioni, che sono parte integrante del lavoro dei falconieri professionisti, sempre più orientati alla conservazione e alla riabilitazione, i ragazzi seguivano con un’attenzione insolita. Vedere un’aquila planare sopra le nostre teste, sentire il movimento d’aria mentre si posava sul guanto del falconiere, capire che quella libertà non può essere addestrata… tutto questo ha avuto un sapore diverso dal solito.
Tra un volo e l’altro, abbiamo incontrato anche animali che sembravano usciti da un libro illustrato: fenicotteri che punteggiavano l’acqua con il loro rosa impossibile, un gufo silenzioso e immobile che ci osservava da un ramo, e qualche ospite più timido nascosto tra le fronde.
Non è solo “vedere gli animali”: è incontrarli così come sono, nel bene e nel limite di ciò che un’oasi può offrire, cogliere un frammento del loro mondo e tornare a casa un po’ più attenti, un po’ più consapevoli.
E forse è proprio questo che resta:
la sensazione che ogni incontro, se vissuto con rispetto, può insegnarci qualcosa, anche quando non ce lo aspettiamo.
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